domenica 27 ottobre 2013

Buonenuove, II.

Stalin morì perché mangiava i bambini
La COMEV di Trieste conferma: assumeva troppe proteine animali. 

TRIESTE - La Comunità Medica Vegana, presieduta dal dott. Giovanni Mazzacavallo, ha confermato una volta per tutte la tesi alimentare sulla morte di Iosif Stalin. "L'eccessiva assunzione di proteine animali dovuta a una dieta a base di bambini bolliti - spiega Mazzacavallo - sarebbe la ragione di un'elevata produzione di tossine che avrebbe portato il dittatore a una conseguente intossicazione, causandogli il fatale colpo apoplettico".

Stalin riceve una buriata da una delegazione siberiana.
Sono molti i medici che negli ultimi anni propongono ai loro pazienti una dieta a base di latte di soia e verdura cruda in sostituzione alle tradizionali pillole delle ditte farmaceutiche. "La frutta e la verdura sono il cibo prediletto dell'essere umano che fin dalla notte dei tempi raccoglieva dalla terra e dagli alberi per nutrirsi e prendersi cura di sé. - ci racconta sempre Mazzacavallo - Sbagliano i medici a consigliare carni bianche, come quella di bambino o vitello, per placare le intossicazioni alimentari. Se è vero che il basso contenuto di grassi regola l'assunzione dei lipidi nel corpo, è ormai assodato che le proteine animali siano alla base della nascita di tumori e altre malattie mortali". Mazzacavallo si considera soddisfatto della scoperta che, nonostante il totale disinteresse della comunità scientifica, si configurerebbe come un celebre precedente a sostegno della medicina vegana.

Tutto questo in concomitanza delle proteste degli allevatori di bambini della Val Susa contro i tagli alla zootecnica previsti dal governo nella nuova finanziaria. Gli allevatori piemontesi, infatti, si sentono minacciati da tutta questa pubblicità negativa che, in un periodo già così difficile, vedrebbe minare le vendite dei loro prodotti. Preoccupate le parole di Arrigo Saradura, presidente dell'Associazione Italiana degli Allevatori di Bambini: "La mia famiglia alleva bambini fin dal 1948, sarebbe un disonore per me chiudere l'azienda. La consueta richiesta di carne puerile quest'anno ha subito un calo del 30% in occasione delle feste del 1° maggio e del 25 aprile. Abbiamo dovuto adeguare i prezzi anche per far fronte ai costi di mantenimento, vestiti e istruzione delle nostre bestie. Finché il governo non prenderà seri provvedimenti, sarà dura per noi proporre un prodotto accessibile a tutti". La situazione si palesa difficile per il presidente dell'AIAB, che rilancia: "La gente deve riscoprire la genuinità dei frutti della propria terra, sostenendo i produttori locali. Solo così potremo uscire dalla crisi".

domenica 8 settembre 2013

Sboro di X

GHE SBORO. Pronuncia /ge'zbɔ:ɹo/. Esclamazione veneziana. Etimologia incerta. Varianti: GHE SBIRO, GHE SBOCIO, SBORO MI. Può esprimere sopresa (cf. ex 1), rabbia (cf. ex. 2), costernazione (cf. ex. 3). L'abuso del termine lo trasporta in svariati aspetti della vita quotidiana (cf. ex. 4).

ex. 1     "G. s.! Che roba!"

ex. 2     "Te spaco la testa! G. s.!"

ex. 3     "G'ho vinto un milion de euro!" "Ti fa da vero? G. s.!"

ex. 4     "G. s. se ti xe bela, 'more!"

L'archeologo Scavolini in un recente articolo [1] ha studiato alcuni bassorilievi in ceramica di epoca preromana rinvenuti dopo alcuni scavi svoltisi nella zona dell'Altinate. Secondo quanto testimonierebbero queste fonti, era usanza presso i venetici offrire alla divinità delle ampolle colme di un particolare liquido denominato zborou [2]. Questi bassorilievi rappresenterebbero una processione sacra composta da figure femminili che portano in offerta alcune ampolle falliformi a un sacerdote [3]. L'offerta dello zborou sarebbe legata ad un rito propiziatorio, forse svolto in occasione delle festività agresti. L'assonanza tra zborou e sboro è certo curiosa, come appunto nota Scavolini, veneziano d'adozione. Il "ghe sboro" di oggi sarebbe quindi una sorta di benedizione rivolta all'interlocutore, o magari una richiesta d'aiuto alla divinità, alludendo all'offerta di doni preziosi. Purtroppo questi bassorilievi sono l'unica testimonianza pervenuta fino a noi e, nonostante la difficile ricostruzione etimologica, quella dello zborou, per ora, rimarrebbe l'ipotesi più accreditata.

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NOTE

[1] C. Scavolini, Su alcuni ritrovamenti nella Laguna veneta, L'Italia archeofila, num. XI, anno III, Torino, 2011.
[2] Trascrizione dall'alfabeto venetico.
[3] Singolare la somiglianza con uno curioso rituale che fino a pochi anni fa veniva svolto da una tribù della Pianura padana. Il rituale consisteva nel raccogliere dell'acqua in un'ampolla alla fonte del fiume Po per portarla fino alla sua foce, nella Laguna veneta. Di questa usanza, purtroppo, non abbiamo studi che riescano a districarne il significato. Tutto potrebbe nascere da una scarsa conoscenza delle scienze naturali da parte di questi, che farebbe temere loro un'eventuale secca dell'Adriatico.

martedì 3 settembre 2013

Crocodile Party

Racconto iniziato nell'agosto del 2012, quando la storia del Krokodil era appena sbarcata in Italia.
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Erano gli ultimi giorni di agosto quando Pinto e Giò mi convinsero a prendermi una pausa dal lavoro. Pallosissime bozze da rimaneggiare in poco tempo. Giò aveva tirato su tre fighette col suo Porsche chissà dove, e aveva organizzato tutto da lui. Sapete, no? che i suoi son dei ricconi da spavento. Tra i più importanti nomi della borghesia lombardo-veneta. La loro ditta, al tempo, fruttò svariati milioni di lire al signor Manetti, e continua a fruttarne ancora nonostante la crisi. Comunque eravamo da lui. Io ero arrivato alle nove e mezza, Pinto era già là.
Eravamo nella sua casa in collina, quella fatta nuova pochi mesi fa. Giardino enorme, casa pure, e piscinone olimpionico.
Neanche a dirlo, erano già tutti ubriachi. Ho detto tutti, perché le tizie stavano sul divano tanto sobrie quanto annoiate a smanettare sui loro iPhone.
Fighe eran fighe, niente da dire. Fabbricate in serie nei forni uterini delle mogli sexy di avvocati, dottori e imprenditori. 
Nonostante tutto, mi presentai. Dimenticai i nomi subito. Bionda, Mora e Castana mi bastavano. Parlammo di lavoro, università e poche altre stronzate.
Mentre i discorsi si gassavano come piscio al sole, i miei compagni stavano inscimmiandosi su degli stupidi video su YouTube. 2girls1cup se l'erano già sparato tre volte e, grazie a Dio, ero arrivato troppo tardi.
Presi una birra dal frigo e mi sedetti sul terrazzino a fumare. Non me ne fregava un cazzo di tre pseudo-bocconiane isteriche.
Panorama grandioso, nulla da dire. Le luci della pianura pulsavano come sempre sulla loro tabula rasa di asfalto e campi.
A una certa arrivò da dentro un urlo pazzesco.
– Ma che gridate?!
– Geffo, Geffo! Vieni! Vieni a vedere!
M'inviai grugnendo verso il soggiorno.
– Spero che sia 'na roba che ne valga la pena! – sbottai.
Arrivato nello stanzone vidi i miei compagni muti, fissar lo schermo del computer. Le tre sbarbine, con gl'occhi in stand-by.
– Che cazzo c'è da guardare?
– Geffo... lì...  il dito di Pinto sul monitor.
'Nammerda.
Mi venne da sboccare.
Quei cazzoni dei miei amici erano finiti in una galleria di foto di gente squamata e sanguinante stesa su sedicenti letti di lenzuola putride.
– Cos'è 'sta roba?
Una droga...
– Che?
– Tipo è una droga russa che la prendi e poi muori.
 Così... – concluse Giò.
– Mi spiegate?
Pinto smanettò due secondi su Google: – Se la fanno in Russia. Desomorfina. E l'allungano con altra roba. Se la sparano in vena. Dicono che farsi una dose non costi nulla e che ti trovi tutto al supermercato e in farmacia... Ti fa il triplo dell'effetto dell'ero, e ci risparmi per dieci volte.
– Vabbe'. E come si chiama 'sta roba?
– Kokodril. Ti fa la pelle come un coccodrillo. Con due dosi sei fatto e finito, e ti danno due-tre anni di vita. Muori squamandoti...
– Beammerda...
Ci crederete, sì ci crederete, che lì partì tutto: – Con che te la fai? –, chiese Giò.
– Qui c'è... Pillole di codeina, fosforo rosso, iodio... Poi citano benzina e detersivo.
– Codeina?
– La trovi in vecchie medicine per la tosse o mal di testa...
Giò prese e sparì. Tornò poco dopo con un ah! stampato in faccia e un pacchetto di Tachidol in mano.
– Che cazzo vuoi fare Giò?
Il suo sguardo parlava anche troppo.
– No no no Giò, no no no...
Cambiò espressione. Appoggiò il pacchetto sul tavolo e: – Vi faccio vedere una cosa...
Ci ritrovammo tutt'e sei in giardino, bordo piscina. Vi sarete resi conto che non ho più menzionato le tre tizie fin'ora. Sì, qualcosa avevano detto, ma chi se le filava?

– Guardate...  ordinò Giò indicando l'acqua soddisfatto.
Tirai gli occhi.

– Ma che? 
Un qualcosa si muoveva agile e indifferente tra le luci subacquee. Quel qualcosa era un qualcosa di enorme.
– Oh-mio-dio...
– Un coccodrillo?! Che cazzo ci fa un coccodrillo in piscina? – sbroccai.
Rispose il padrone, mal celando un sorriso d'appagamento: – Ce l'ha regalato un tizio in Libia, dopo che gli abbiam comprato cinque condomini a Tripoli.
Giò teneva un coccodrillo in piscina.
– Se quella roba ti fa diventare l'uomo rettile, chissà l'effetto che fa a questo coso... – continuò.
– Ma sei fuori? Cioè... no ma... dici sul serio?
– Che c'è Geffo? Ti spaventa?
– No! No ma è che... Ma cazzo Giò! Un coccodrillo varrà un sacco di soldi! Te lo sputtani in questo modo?
– Vale un sacco, per quel pezzente che ce lo mantiene. Non sappiamo che farne. Se l'ammazzo faccio un favore a tutti.
– Ma... ma...
– Su su! Proviamo! – squittì la Bionda.
La fucilai con lo sguardo.
Mi caricarono in tre.
Pinto guardava basito il lucertolone sollazzarsi nella sua vasca. 
– Sapete che vi dico? Andate a fanculo!  conclusi finendomi la birra.
Tornai al piano di sopra. Mi rivoltai sul divano leopardato e mi sparai un cannone con due-tre sciottini di Bassanina per buttarlo giù. Il frigo e l'armadietto degli alcolici di Giò erano stati decretati beni del Popolo all'inaugurazione della casa, e così erano rimasti.

Mi risvegliai circa un'ora e mezza dopo, disidratato. Non è che ero ubriaco, solo che l'alcol con la noia fa sonnolenza, lo sanno tutti. Mi svegliò una puzza che forse solo Dante nel terzo girone. 
Mi diressi nuovamente al deposito popolare per del succo ACE. E lo sguardo cadde sul tavolo. Bottigliette vuote, frullatore, carta da cucina e robaccia di plastica su tutta l'area del piano.«Che coglioni...» commentai. Gornai quella roba arancio direttamente dal cartone, e me ne andai di sotto.
Pinto e Giò se ne stavano stesi sulle sdraio a guardare la piana giù dalla collina. Sicuramente parlavano di cazzate. Di sbarbine, nessuna traccia.

A quel punto non ne potevo più, e me ne tornai a casa.

Passò una settimana quando Giò mi telefonò. Era una serata afosa. Non avevo boresso di uscire, né tanto meno di sentir gente. L'unica cosa che mi premeva era aprirmi una Franziskaner e scolarmi tutto in un sorso La foresta dei pugnali volanti di quel regista cinese qualunque. Sì, i film cinesi mi piacciono. Non ci capisco un cazzo, ma hanno un sacco di immagini colorate in movimento che catturano la mia attenzione.

– Oh oh vecchio! Brutta storia...
– Che c'è ora, Giò?
– Ecco be', sai la volta del coccodrillo... e la droga...
– La cazzata dell'altra sera sì...
– Ecco... insomma... Volevo chiamarti prima. Il lucertolone è sparito.
– Cosa?
– Il bestione. Non lo troviamo più.
– Spiegati.
– Eh tipo alla fine, quando te ne sei andato incazzato, poi ci siamo messi a fare la droga in cantina. Ogni tanto tornavamo su, anche per chiamarti, ma tu eri così preso male che non rispondevi a niente. Insomma abbiamo lasciato poi tutto in cucina e abbiamo intossicato il bestione. Hahaha dovevi vedere in che condizioni scodinzolava per la piscina...
– Ma come avete fatto a fargli la pera al cocco... Anzi no, non lo voglio sapere. Continua.
– Niente. Poi le tipe sono andate via. Io e Pinto ci siam fatti una canna. E lì ci siamo accorti che il coccodrillo non c'era più. Eravamo troppo fuori per metterci a cercarlo, e poi insomma, magari era andato a farsi un giro in giardino pensavamo. E invece no. Non c'è. Sparito.
– E dovrebbe fregarmene?
– Ma dovrebbe-fregartene cosa?! Sì! Se quello ammazza uno sono nella merda, NELLA MERDA!
– Ma guarda Giò, se proprio devo dirtelo... Non me ne fotte un cazzo.
– Ma sei stronzo Maggi? E io cosa faccio?
– Tu cosa NON facevi forse...
– Be', sai cosa? Mi dispiace accorgermi solo ora che sei un coglione. Veramente, mi dispiace. Ma la mia ragazza aveva ragione quando mi diceva che non potevo pretendere molto da un morto di fame come te. Sul serio. Mi sento una testa di cazzo ora a non essermene accorto prima. Mi sto sforzando a capire che tra noi due chi ha la faccia di merda sei tu, non io. Mi fa incazzare, ma ho ragione. Ti prego, guardati allo specchio e dimmi che non ti sto dicendo cazzate. Lurido parassita. Sei feccia e io sono deluso. Non me lo sarei aspettato da una merdoso come te e...
– Sì! Ci sentiamo Giò  gli risposi, e misi giù.
Finalmente potevo guardarmi quei cinesi ammazzarsi in santa pace.

Rimasi molto turbato dal finale del film. Eh, vedere il nostro eroe esangue a terra tra le braccia dell'amata cercare ancora di accarezzarle il bel volto candido come, insomma... Queste cose strappalacrime me le strappano sul serio. Lo ammetto.

Inforcai il telecomando e pigiai su AV. Una ripresa panoramica dello studio di Porta a Porta mi riportò alla realtà. Di fronte a me, il gigantesco neo di Bruno Vespa grattava sulle corde vocali del proprio corpo ospitante.
– Buonasera a tutti e benvenuti a Porta a Porta. Questa sera la nostra attenzione sarà dedicata a un caso di cui immagino tutti voi in famiglia, al lavoro, la domenica dopo la messa parlerete con i vostri sodali. I telegiornali hanno speso fiumi di parole sul caso rivelazione di questa fine estate...
– Parla per te, stronzo... E chi se li guarda ormai i telegiornali? Non c'avessi da lavorare...
Avremo appunto come ospite il leader di questo nuovo movimento intenzionato a cambiare radicalmente l'assetto della nostra repubblica...
Sì, un altro grullo stellato mancava... – commentavo.
Abbiamo quindi il piacere di presentar din don! oh ecco è arrivato, quindi salutiamo il nostro ospite il signor Drillo. Buona sera signor Drillo!
Applausi finti sgorgavano dalle casse del mio Telefunken.
Buonasera a tutti! – il signor Drillo che salutava.
Bene signor Drillo. La ringrazio per aver accettato il nostro invito. Allora se le posso già fare una domanda così ex abrupto... Conosciamo poco o niente delle sue origini. Non le dispiacerebbe raccontarci qualcosa?
Questo signor Drillo aveva un che di familiare, devo dire. Un che di... zoologico. Pareva quasi un veterinario appassionato di iguane. Più elegante ed unto di quanto un Luca Zaia non potesse. Occhialini intelligenti. Cravatta color smeraldo. Decisamente un tipo a modo, più a modo di quanto non se ne vedono in Rai. Non fosse stato per quella pelle pallida da malattia e quegli occhi vitrei e azzurri che parevano venire dall'oltretomba, sarebbe parso un personaggio rassicurante.
Mi perdoni signor Vespa, posso chiamarlo Vespa? Vede non amo parlare del mio passato. Preferisco che la gente mi consideri per quello che sono ora.
Ah! Molto coraggioso da parte sua, ma per questa sera, data la piena disponibilità che ci ha dato, le concederò il beneficio del dubbio hahaha!
Battute da giornalista.
Bene. Allora, lei in questa ultima settimana si è reso protagonista di azioni del tutto imprevedibili che le hanno subito fatto conquistare le simpatie degli italiani. Solo per citarne una, la più eclatante: l'impacchettamento simbolico di palazzo Chigi. Vuole parlarne?
Ah sì, avrei potuto scommettere che questo sarebbe stato il fulcro della nostra chiacchierata. Beh sa, già come Christo e Jean-Claude avevano fatto ormai vent'anni fa a Berlino, anch'io ho voluto provocare i cittadini della Capitale. A differenza di quanto fu fatto per il Reichstag, però, il mio gesto è stato, e non lo dico per vantarmi, molto più profondo. L'azione di impacchettamento del Reichstag che si svolse nel 1995 per mano dei due artisti citati voleva rimarcare l'importanza della vicinanza dei cittadini nei confronti della politica. Come quando perdiamo una persona a noi cara, che solo dopo averne sentito l'assenza capiamo quant'è importante, la mancanza del Reichstag doveva risvegliare nei cittadini tedeschi una volontà di unità e partecipazione nella vita civile. L'impacchettamento di Palazzo Chigi, come ho voluto farlo io invece, è stato più un gesto di disprezzo nei confronti della politica. Un governo chiuso e congelato come quello ha ora l'Italia farebbe bene ad impacchettarsi e rinchiudersi in una mansarda, piuttosto di occupare un meraviglioso palazzo com'è quello dei Chigi.
Ecco sì, è stata un'azione certamente significativa, ma come conta di procedere di fronte alle accuse di deturpazione che le sono state mosse?
La giustizia italiana ha tempi biblici, caro il mio Vespa, avremmo tutto il tempo per discuterne tra venti o trent'anni hahaha!
Mi sembra molto ottimista, se posso permettermi...
Guardi, avevo messo già in conto tutto questo. La mia azione è stata del tutto spregiudicata. Sono stato appunto fermato dopo aver steso il quinto telo. A differenza di Christo e Jean-Claude non avevo preso alcun accordo con la pubblica sicurezza. Comunque, come immaginerà, non ho agito da solo e siamo già in molti a lavorare riguardo alla mia difesa...
Ah certo non ho dubbi a riguardo. Lei si è dimostrato un individuo, e non lo dico per adularla, di spiccata intelligenza e non certo uno sprovveduto.
Si figuri...
Ecco bene, lei ha detto che "siete già in molti". Allude al movimento che ha istituito in questi ultimi giorni?
Beh, non mi riferivo proprio a quello, ma sì... Siamo in molti ad avere un'idea ben precisa di quello che vogliamo raggiungere.
Ci vuole parlare di questo movimento?
Non avevo sentito nulla a riguardo di questa cosa. La mia clausura lavorativa mi aveva costretto ad una settimana di anacoresi totale. Praticamente 'sto tizio ambiguo aveva fatto l'emulo di Christo andando ricoprire di tele legate da chissà quanti metri di corda il palazzo del Governo. Cosa tanto ammirevole quanto narcisistica.
Il movimento è nato da poco, ma conta già migliaia di iscritti. Tra i degni di nota vantiamo la presenza di Roberto Saviano, Alessandro Baricco e Roberto Benigni.
Cosa?!
Siamo un movimento eterogeneo. Tra noi ci sono liberali, cattolici, socialisti, ambientalisti, giustizialisti. Abbiamo anche qualche ex leghista. Insomma, un grande movimento che accoglie il malcontento del popolo. Siamo decisi a dare un volto nuovo alla politica interna ed estera. Vogliamo rinnovamento, giustizia, pace sociale. Noi siamo per l'onestà e per il bene di tutti. Noi vogliamo rifare grande l'Italia che ha dato i natali a Dante e Leonardo. Vogliamo essere gli eredi della civiltà romana, faro dei popoli europei.
Un progetto ambizioso, signor Drillo...
Ambizioso o da rotti in culo?
Noi crediamo nel potere delle idee e del popolo. Noi siamo del popolo per il popolo. Noi vogliamo una rivoluzione in Italia. Spazio ai giovani e alle nuove proposte. Ai giovani di tutta Italia. Alla loro inventiva, alla loro forza creativa? Lo immagina un mondo senza giovani? E a loro che dobbiamo dare il futuro! È da un po' di tempo che giro nei loro punti di ritrovo. Nelle discoteche, nei locali più in.
Nei posti giusti, proprio.
È lì che sta l'avvenire. Lì dobbiamo scavare per trovare l'oro che farà risplendere la nostra bella Italia. Per questo tutto ciò che faremo, lo faremo per il bene di tutti i cittadini...
Ma chiudi quella bocca...
... di tutti i lavoratori, degli imprenditori, dei liberi professionisti...
Ho detto chiudi quella bocca!
... l'Italia è così bella! Il suo mare, la sua cucina, la sua cultura...
Smettila con questi discorsi da baldacchino! Smettila di sparare cazzate!
... ma non ci rendiamo conto che Dio ci ha dato di vivere nel posto più bello del mondo?
Brutto figlio di una puttana qualunquista, chiudi quella cazzo di bocca!
Beh, signor Drillo, non si può certo dire che non abbia idee...
Le sta chiamando idee?!
Allora signor Drillo, questo movimento ha già un nome?
Beh sì, abbiamo preso ispirazione da un animale, e anche dal mio nome...
Solo un caso.
Sa il mio nome di battesimo è Francesco. Dalle mie parti il diminutivo di Francesco è Cocco, ed è proprio così che mi chiamano tutti. Quindi saremo il Movimento di CoccoDrillo.

Nel senso che macelli le prede o poi piangi?
– Il coccodrillo è un animale anfibio che vive sia in terra che in acqua, è un animale forte dalla corazza resistente. Dentro la sua bocca accoglie anche piccoli uccellini che si cibano dello sporco che resta nei denti, quindi è anche un cacciatore generoso. Insomma, è un animale di buon auspicio per questo nostro Movimento.
Spensi la tivù. Non potevo più sopportare la presenza di quel post-democristiano da salotto. Un movimento trasversale per il futuro del Bel Paese. Originale, originale. Ormai i movimenti spuntavano come funghi. Baricco, Benigni e Saviano assieme. Non vedevo un agglomerato umano così tremendo dall'ultima laurea cafoscarina in Piazza San Marco.
Capii che non potevo far altro che andare a letto. Il ticchettio della sveglia che avrebbe suonato da lì a sei ore mi tenne sveglio, come sempre, quei dieci minuti che mi permisero di concludere un capitolo di K dei Senza Nome. Libro cazzuto, ve lo consiglio.  Peccato che non c'abbiamo fatto il film.
Mi addormentai, anche se mi sveglia un'ora e mezza dopo. L'unico rumore che si sentiva in casa, alle tre e mezza di notte, non era che lo strumento maledetto e più odiato al mondo che avevo sul comodino. Non avevo mai fatto caso a quanto casino facesse in una stanza vuota. Insomma, fin da bambino avevo sempre avuto una sveglia vicino al letto, per non parlare dell'orologio a cucù che stava in soggiorno e che suonava ogni mezz'ora, ma quella notte, quella dannatissima notte, faceva sicuramente più casino del solito, ne sono convinto. 

Mi risvegliai quattro ore e mezza dopo dai tintinnii ossessivi dell'affare maledetto e andai a far colazione. Per una volta accesi la radio. A quanto pare il Vespa con la serata del giorno prima aveva vinto l'ennesimo share e il signor Cocco Drillo era andato a ballare, sembra che ami ballare, nella discoteca vicino, tra gli applausi e le ovazioni degli avventori. Girai la manopola della sintonizzazione per finire in un'emittente locale dove DJ Pachugo conduceva il suo programma Te li ricordi gli '80. C'avessi ricavato qualcosa di buono, lo tenni lì. 
Mentre svuotavo il filtro della moka del giorno prima l'orecchio si fermò ad ascoltare le ultime note di Der Kommissar, quando lo speaker ripartì in quarta: – E allora dopo questa breve capatina in Austria, posto dal quale molti di voi che ci ascoltano staranno tornando dalle ferie, ecco che allora torniamo in Italia con un pezzo del nostro Edoardo Bennato... 
Un ritmo sincopato se ne usciva dalla radio. Un ritmo anche troppo noto, visto che da bambino il maestro di chitarra me la fece odiare da quanto me la fece provare. Il dannatissimo Rockcoccodrillo. Cioè, dannatissimo anche no insomma. Era orecchiabile e ballabile, ma le cose che fai da bambino te le porti dietro fino alla tomba.
Preparai la moka e la misi sul fuoco. Tirai fuori una mug e aprii il frigorifero per prendere il latte. Finito. Uscii quindi a prendere questo latte.
 Arrivato al negozio andai dritto al banco frigo e alla cassa.
– Ehilà, giovanotto! Questo?
– Sì solo questo – e gli porsi le monetine giuste.
– Bravo. E allora, come andiamo?
– Ah, bene. Sono solo un po' stufo di sentir parlare di coccodrilli.
– Il coccodrillo è uno solo!  mi rispose ridacchiando.
Presi e me ne andai.
Sulla via di casa, cinque minuti a piedi, il freddo del latte mi gelava la mano. 
Il coccodrillo è uno solo. Non avevo mai capito le sue battute. Il coccodrillo è uno solo. Gli avevo detto che ero stufo di sentir parlare di coccodrilli e lui «il coccodrillo è uno solo».
Cazzo.
Spedito come un'anguilla mi fiondai in casa. Accesi il calcolatore e digitai "Cocco Drillo" su Google. Una sfilza di foto e caricature di coccodrilli. Scrissi "signor Cocco Drillo" e mi dette un decina di illustrazioni per l'infanzia della storia Il signor Coccodrillo ha molta fame e che non ha voglia di uscire a far la spesa. Come ti capisco. Allora scrissi Francesco Drillo. Wikipedia aveva poche e confuse notizie al riguardo. Nemmeno un luogo e una data di nascita. Secondo l'enciclopedia libera il signor Drillo pensa che l'importanza di un uomo si deve ai suoi gesti, non alla sua storia. Che paraculo. Cerco le immagini. Un primo piano di lui con la sua cravatta smeraldina, la sua pelle cadaverica e i suoi occhi azzurrognoli. Aspetta, non sono azzurrognoli. Avevo trovato una foto con lui senza occhialini. Scaricai la foto. Ingrandisco. I suoi occhi erano di un inquietante verde. Una fessura vaginale dentro un laghetto impestato di rifiuti tossici. Cercai un profilo di coccodrillo. Le misi vicine.
Cazzo.
Giò aveva creato un mostro.
Rubrica. Giò. Chiama.
«Porca troia Giò, rispondi...» 
– Pronto?
– Pronto Giò, sono Geffo.
– Ah l'infame! Che vuoi infame?
– Non rompere le palle. Sai che cazzo hai combinato?
– Fidarmi di te?
– No, simpatico. Sai dov'è finito il tuo coccodrillo?
Un sospiro di panico.
– Dove?
– Sai nulla dell'impacchettamento di Palazzo Chigi?
– Sì, eh?
– È quello.
– Cosa?
– Il tuo coccodrillo del cazzo è quello che ha impacchettato Palazzo Chigi, quello che ha fatto nascere 'sto movimento di scoppiati e quello che passa le giornata a sparare cazzate sui media.
– Non prendermi per il culo Geffo.
– Non ti prendo per il culo. Prenditi una foto di quel signor Drillo e guardagli dritto nei suoi occhi da rettile.
– Geffo, non ti crederei neanche se fossi la Margherita Hack. Quello che dici è una bestemmia scientifica.
Il sospiro ora lo feci io.
– Senti. Non mi interessa se mi credi o no. Non mi interessa un cazzo. Ma non fare come quei personaggi di film horror che cominciano a vedere spettri e mostri ovunque e non si rendono conto di essere nella merda, come se non l'avessero mai visto un film horror. Qualsiasi cosa accadrà, ti riterrò diretto responsabile. Sappilo.
– Sì Geffo, come vuoi, stammi bene...
E mi mise giù.
In effetti dovevo essere abbastanza coglione per pensare che mi potesse credere.

Passarono mesi. Il Movimento di CoccoDrillo era sempre tra le prime notizie dei tiggì. Sì avevo cominciato a seguire i tiggì. Se non li guardavi ormai non avevi nessun argomento di discussione. Ne parlavo con Giò e Pinto. Entrambi dicevano che non era né meglio né peggio del movimento del Grullo. Io forse lo sopportavo ancor meno del movimento del Grullo. Esso aveva raggiunto livelli perbenisti pari ad un'omelia di Nichi Ventola.
Si arrivò in periodo di elezioni. Il Movimento di CoccoDrillo, detto anche MdCD, oscillava sul podio delle preferenze. Io, per me, era da qualche anno che mi ero sottratto alla pratica rituale del voto. Insomma, considero il mio voto importante, e me lo tengo.
Il telefono suonò in una piovosa sera di Gennaio.
– Geffo, non ci crederai... – era Giò.
– Non crederò a cosa?
– Il coccodrillo che mi era scappato quest'estate. Te lo ricordi?
– Sì che me lo ricordo Giò.
– Ecco be', non ci crederai...
– Me l'hai già detto Giò.
– L'ho trovato.
– E dove l'avresti trovato Giò?
– Accendi su Rai News 24.
Accesi Rai News 24. Fatalità il signor Cocco Drillo campeggiava in un piano americano pieno di boria e tronfio di sicurezza.
– Ti rendi conto Geffo? – mi fa Giò – Ho creato un mostro!
– Giò, te l'avevo det...
– Cioè, ti rendi conto? Cioè. Ho visto una foto di lui senza occhialini. Ce n'è una che trovi solo se cerchi bene su Google. E lui c'ha gli occhi da rettile capisci! Cioè, me ne sono accorto solo io! Nessun sa che in realtà quello è un coccodrillo vero e proprio...
– Giò ma ti avevo avvisat...
– Siamo tutti in pericolo, Geffo! Cioè, da qui a un mese rischiamo di essere governati da un coccodrillo! Cioè, ti rendi conto? Ti rendi conto?
– Ti avevo appunto chiamato mesi fa dicendo...
– Come cazzo fai a stare così calmo Geffo?! Come fai?! Siamo nella merda, in una palude equatoriale di merda! Lo so che tutto questo sembra una bestemmia scientifica, ma è vero, tutto vero!
Decisi di non andare oltre e prendere la situazione in mano.
– Ora passo a prendere Pinto e vengo da te.
– Sì sì vieni vecchio, vieni, ti prego. Ma Pinto non ci crederà mai, non ci crederà mai.
– Vado a prenderlo e vengo da te. Aspettami.

Perdemmo non so quanto tempo a far capire a Pinto la situazione, ma dopo un'ora di mutismo di quest'ultimo, eravamo tutti e tre in carica come se avessimo annusato del napalm la mattina. Una sola soluzione: eliminare il coccodrillo. Non era un fattore politico, quanto un fattore di buon gusto. Essere un Paese governato da un ex tossico poteva anche funzionare. Anche da un ex mafioso o un ex massone. Era sempre filato tutto liscio. Ma un ex rettile... O almeno questo era quello che pensava Giò. Il mio era un fattore del tutto anti-politico. Semplicemente: mi stava sul cazzo. Pinto invece non aveva più parole. Due cose stavano dalla nostra parte: i soldi e le conoscenze di Giò. Se quel lucertolone antropizzato era solito girare le discoteche, e avessimo saputo in quale, se ne sarebbe andato come era venuto: con una bella overdose. Insomma, un frequentatore di discoteche professionista, ovvio che non reggesse senza una piccola spinta chimica. Per di più offerta come gli si sarebbe stata offerta, non avrebbe potuto che accettare. E se le cose non sarebbe andate come sperato, sarebbe stato diciamo... caldamente invitato ad accettare. 

Fu in questo modo che ai primi di febbraio, a due settimane dalle elezioni, il lucertolone decise di farsi una seratona al Marittima Club di Jesolo. La festa era aperta a tutti, come ogni festa da campagna elettorale che si rispetti.
Tutto era stato preparato alla perfezione, come un pranzo domenicale. Gli abiti, le battute, le mosse e la sbobba che avrebbe dovuto infilarsi lo schifoso. Avremmo dovuto attendere che andasse alla toletta e BAM! Decisamente una brutta morte per un politico in erba. In quella macchina che ci portò al mare, l'aria era palpabile come una tetta al silicone.
Ore 21:30. Il Marittima non avrebbe aperto prima delle dieci, e anche alle dieci non ci sarebbe stato comunque nessuno. Avremmo dovuto pazientare fumando mille e una sigarette. Meno male che Pinto, quella scimmia di Pinto, aveva recuperato un cartone di birra dalla sua cantina. Avevamo parcheggiato in uno spazio industriale di fianco al locale. Eravamo più invisibili di un grammo di coca in un pacco di Eridiana.
Il piano era di una semplicità sconcertante. Io e Giò saremmo entrati al Marittima, mentre Pinto avrebbe atteso in macchina, pronto a portarci via se qualcosa fosse andato storto. Giò doveva far girare la voce che io avevo roba buona. Quello conosceva mezzo mondo, e tutto quel mezzo mondo era un abitué di quella Gomorra del Marittima Club. Un posto da pezzi grossi, dove il pesce più piccolo peserà sì e no venti chili. La gente avrebbe cominciarmi a chiedere roba, chiaramente. Io dovevo tirare su il prezzo a chiunque me l'avrebbe chiesta,così che nessuno se la sparasse al posto del rettile. Quando Giò sarebbe riuscito a parlare al Cocco, l'avrebbe spedito a me, e io gli avrei offerto un giro, un giro pesantino. La siringa era già pronta assieme alla fialetta. Tutto in macchina presidiato da Pinto. Una volta fatto saremmo spariti nel nulla con una qualsiasi scusa.
Ore 22:00. Arrivarono i buttafuori, salutandosi con acheiche pacche sulle spalle. Chiesi a Giò se sarebbero stati un problema. Mi rispose che suo padre conosceva il proprietario e che non avremmo rischiato nulla. Per sicurezza lasciai giù i documenti, in caso di necessità di riconoscimento.
Ore 22:30. Il Marittima accese la musica. Avrei dovuto cominciare ad abituare l'orecchio all'house music.
Ore 23:00. Arrivate le prime Porsche. Non sapevamo a che ora il Cocco sarebbe arrivato. Andammo a chiedere.

L'entrata. Giò salutò berlusconianamente i buttafuori che gli risposero con un cenno muto. Il giardinetto del locale era un misto tra neo-kitsch e minimalismo al neon viola.
Dal terriccio spuntavano cadaveriche imitazioni della Venere di Milo, mentre una Ford Mustang di chissà quale decennio risplendeva in un'apoteosi di riflessi scioccanti. Aperta la porta del Marittima la musica si alzò improvvisamente di dieci tacche. Trattenni una bestemmia nella mia testa, che andò a depositarsi immediatamente nel mio subconscio.
– Carissimo!
– Carissima!
Voltai così velocemente il capo che rischiai un colpo di frusta. Giò aveva iniziato le pubbliche relazioni.
– Non pensavo venissi anche tu qui!
– E io sarei mancato a un evento del genere? Non capita tutti i giorni di poter scroccare un mojito al futuro Primo Ministro hahaha!
L'insopportabilità borghese di Giò cominciava a far capolino tra un sorrisetto e l'altro.
– Ah, ti presento Geffo.
Allungai la mano, sforzando una smorfia: – Eh... Geffo.
– Giovanna.
Tutta panna. Veramente le sbarbatelle dell'upper class le sfornano a livello industriale. Sarei arrivato a credere di essere in mezzo all'attacco dei cloni, non fosse stato per il colore dei capelli o per i vestiti.
La chiacchierata si prolungò per una decina di minuti parlando di programmi TV, scarpe e nuovi morosi. Questa non sapeva niente di quando sarebbe arrivato il supergiovane Cocco Drillo. La salutammo a dopo. C'avesse creduto.
Mi indirizzai al mio compagno: – Giò, io vado al banco. Comincia a crearmi un alone di mistero.
– Haha vaffanculo, Geffo!
– Sembri quasi a tuo agio, dimentichi che dobbiamo ammazzare un alligatore?
Con un ghigno in mezzo ai denti: – Stai buono Geffo, non mettermi ansia. Ricordi? Carini e coccolosi. Ci aggiorniamo dopo.
S'era incazzato. Lo conoscevo troppo bene. Ma gli sarebbe passato parlando con la prossima biondina.
Arrivai al bancone del bar e mi sedetti. Un barman dai baffetti siculi e accondiscendenti mi squadrò con reverenza.
– Un gin lemon.
– Arriva!
Mentre stava accrocchiando il ghiaccio e le bottiglie attaccai bottone: – Grande serata, eh?
– Altroché!
– Eh, non capita tutti i giorni di poter scroccare un mojito al futuro Primo Ministro.
– Haha, e perché no?
Sapevo di aver rubato la battuta a Giò. Ma dovevo sembrare uno di loro per poter uscire libero da quel paradiso artificiale.
– Maaa... Mica sapete a che ora arriva il capo?
– Il capo è già arrivato.
– No dicevo, il signor Drillo.
– Ah! Non sono tenuto a saperlo. Ma spero di trovare il tempo di stringergli la mano, – gli occhi gli si illuminavano come se funzionasse a fotocellula.
– Avrai un bel po' da fare questa sera...
– Già
– Sei da solo?
– No no, gli altri sono in cucina. Finché non c'è ressa facciamo a turno.
– Capisco.
Qualche secondo di silenzio.
– Ecco il suo gin lemon.
– Grazie capo, e dammi del tu. Del lei me lo faccio dare solo da chi mi sta sui coglioni.
Baffetto barman si congedò con una risatina stupida per andare a lavare gli attrezzi.
'Sta maledizione del coccodrillo aveva veramente impestato chiunque. Era riuscito a imbambolare tutti gli strati della società: dai pensionati ricchi ai giovani straccioni. Festini ed illusioni di bella vita funzionavano anche meglio di tre reti nazionali. La questione qui si giocava sulla partecipazione. Ognuno era parte di un mondo bellissimo fatto di musica e bevande colorate che gli permettevano di arrivare al loro quarto d'ora di notorietà. I tabelloni elettorali erano pieni di manifesti costituiti da un primo piano di un qualsiasi tizio fotografato alle feste organizzate dalla MdCD. Sovrimpressi il logo del partito e una frase detta al momento dal tizio in foto. Le migliori erano: "Spacchiamo dibbrutto!" o "Siamo i megliooo!!!". Ognuno partecipava alla campagna elettorale senza in realtà far nulla se non divertirsi. I dibattiti e le interviste erano quanto di più surreale il Grande Architetto avesse potuto creare: – Come pensa di risolvere il problema della disoccupazione giovanile?
– Trovando un milione di posti di lavoro!
– Che posizione pensa di prendere in caso di un intervento NATO in Iran?
– Con la pace nel mondo!
Sarebbe stato in grado di farci sganciare una bomba atomica in testa dallo zio Sam di turno. Ognuno aveva dimenticato i propri problemi, credendo di vivere in un sogno che si realizzava man mano con il proprio contributo: una kapiroska e quattro parole se ti facevano una domanda.
Non osavo pensare cosa sarebbe stato un Roberto Benigni agli affari esteri. Trapelava già l'idea di far adottare a tutta la comunità internazionale la più bella hostituzione del mondo! Baricco intendeva sostituire Oceano mare ai Promessi sposi nelle letture obbligatorie delle superiori. C'aveva provato con la Divina commedia, ma Benigni lo aveva spernacchiato poco prima che avesse finito la frase. Saviano aveva invece già stilato un decreto legge per istituire gli arresti preventivi contro qualsiasi studente che avesse guardato di traverso un celerino anche solo perché era girato di spalle.
Non avevo mai amato il grigiore democratico che mi circondava come in quei giorni. E comunque, il fulcro di tutto, era che un coccodrillo antropomorfizzato era troppo.
Finalmente una buona notizia, Giò arrivò da me con un sorriso sornione: – Arriva poco dopo mezzanotte. Abbiamo un'ora per seminare il tutto, più che sufficiente!
– Bene, comincia, io ti raggiungo dopo. Meno parlo con questi fighetti, meglio sto.
– Sì, lo so Geffo, lo so...
Mi divertiva troppo farlo incazzare in questi momenti.

Passò quest'ora che sembrò eterna. La noia del parlare di niente con nessuno mi stava uccidendo come un poeta maledetto. Già in quattro-cinque erano venuti a chiedermi della roba. Richieste che ero fortunatamente riuscito a glissare proponendo prezzi improponibili.
Ebbi come un senso di sollievo che si mischiò con l'entusiasmo di tutto il locale quando sentii uno a caso annunciare in crisi estatica: – È lui! È arrivato!
Il signor Drillo fu accolto trionfalmente dalla sua nuova corte. Addosso a lui una camicia chiara, un gilet grigio e un vestito bianco latte incorniciavano l'indistinguibile cravatta verde smeraldo che accompagnava ormai da mesi le sue comparizioni in tivù. Un fantasma formaggino, pronto a spaventare tutte le nazioni che si fossero mosse contro il suo progetto di rinnovamento democratico. La marmaglia infighettata che lo aveva aspettato fin'ora era un unico urlo estatico che sembrava voler sfidare le casse di house music in pompa da tutta la serata: – È un bell'oratore! Un apostolo!
Incontrai lo sguardo di Giò, che improvvisamente si velò di preoccupazione, come se avesse realizzato solo ora quello che avremmo dovuto andare a fare. Di Pinto, invece, nessuna notizia. Tanto meglio.
Il signor Drillo, intanto, aveva attraversato la sala passando in mezzo ad un mare di gente che per lui si divise per lasciar passare lui e il suo popolo di gorilla. Arrivato in postazione prese in mano il microfono: – Siete troppo buoni, vi adoro! Ma non voglio che questa festa sia per me, ma sia per voi. Abbiamo la vittoria in pugno. Pensiamo a divertirci, avremmo bisogno di tutto questo per vincere!
Detto questo, si librò sulla pista da ballo come una libellula fatta di coca. Una captatio benevolentiae della migliore scuola renziana. Il nuovo idolo era intanto stato assalito dalla folla che smaniava per toccarlo o dargli una pacca sulla spalla. Nemmeno Skrillex avrebbe avuto il carisma che il signor Drillo aveva in quella discoteca.
Era iniziato il count down per quel brutto figlio di puttana.

Dopo una mezz'ora di ormoni al massimo la festa ritornò tranquilla. La gente s'era già abituata alla presenza del vip e, anzi, sembrava aver ritrosia a sembrare troppo una groupie eccitata.
Ecco che così vedo Giò avvicinarsi al cocco. Tutta la scena mi si svolge come un film muto, non riuscendo a capire un'acca di quel che si dicono. Tutto occhei per ora. Vedo Giò stringergli la mano e parlare di chissà cosa. Ridono. Si spostano al bar. Giò si fa offrire un mojito (ce l'ha fatta il paracula). Ah, mi hanno indicato. Il signor Drillo non si gira. Annuisce. Giò si alza e gli dà una pacca sulla spalla. Il cocco resta seduto. Giò mi viene vicino.
– A posto.
– Com'è?
– Che fra poco manderà uno dei suoi a farti dar la roba.
– Sì ma cosa dovrei dirgli?
– Te la devi giocare te.
– Grazie al cazzo, Giò.
– Di niente –, e se ne va da una bionda.
Ora i cazzi dovevo grattarmeli io. Occhei, occhei. Cercai di calmarmi. Avrei dovuto aspettare ancora per dieci? quindici minuti? E poi avrei dovuto improvvisare. Non ero certo nella situazione di scrivere una sceneggiatura. Eppure, come da copione, mi si avvicinò un gorillone. Di stazza omerica, orecchino alla chicano e non un filo di capelli.
– Sei tu quello della roba? –, mi fece.
– Sì.
– Non ti ho mai visto in giro.
– Eh... è che...
– È che?
– È che vendo roba che non si trova in giro. E ho le riserve contate.
– Non è che vuoi fottermi?
– Per carità, no! Ti manca l'aspetto da puttana.
Il gorillone inarcò il ciglio destro. Che cazzo mi era venuto in mente di buttargli una battuta del genere. Se non aveva visto Pulp Fiction avrebbe fatto bene ad ammazzarmi, e gli avrei pure dato una mano.
Senza dir nulla mi fece segno di seguirlo. Mi portò dal signor Drillo, che era impegnato a chiacchierare col barman a baffetto. Il gorilla fece per richiamare l'attenzione del signor Drillo, ma esitò: – Cerca di tenerti le battutine per te.
– Sì sì sì, capo! – risposi in preda al nervosismo.
Due bussatine alla giacca lattiginosa del futuro Premier, e quello si voltò.
– Ah ecco!
– Buona sera signor Drillo. Sa che l'ho vista alla televisione?
– Difficile non avermi visto, non le pare? – mi rispose ironicamente lanciando un'occhiata divertita al suo scimmione. L'ansia non mi era certo amica.
– Eh no, volevo dire. L'ho vista quando ha fatto la sua prima comparizione, a Porta a Porta.
– Ah sì, l'avevo dimenticata ormai. Senti, posso darti del tu? tu dammi del tu eh, dicevo: parliamo d'affari. Mi hanno detto che hai buona roba.
Chissà che cazzo gli aveva detto Giò per farsi spulciare tutto così facilmente.
– E han detto bene.
– Dicono anche che sia un po' troppo costosa, però.
– È il prezzo che vale.
– Cosa renderebbe la tua roba così costosa?
– Be', potrebbe farsi un'idea lei.
– Dammi del tu.
– Ah! potresti farti un'idea comunque.
– Sai, è che non sono passato al bancomat, e non ho molti spicci dietro.
– Ma un assaggio gratis, non potrai rifiutarlo, no?
– Be', se la metti così.
– Sono pronto tra dieci minuti. Il tempo di passare in macchina. Dove vuoi che c'incontriamo?
 Nella mia macchina. Hai presente qual è?
 Sì. Tra dieci minuti là.
Mi congedai con una seria stretta di mano e uscii. Non avevo fatto una scena così cazzuta dall'ultima volta che avevo interpretato l'alberello alla recita dell'asilo.

Raggiunsi l'auto. Pinto russava con la bava alla bocca sul lato guidatore. Bussai al finestrino, facendolo svegliare di colpo. Spaventato accese l'auto per scappare quando gli urlai:  Sta' fermo cazzo! Devo prendere la roba!
 Ah, scusa Geffo mi hai spaventato...
 Sblocca le portiere, va'.
Mi sedetti al sedile passeggero.
 Eh, allora come va?  chiese Pinto.
 Tutto bene. Dovevi vendermi come facevo il duro col signor Drillo. Hahaha!
 Spero vada tutto bene. Stasera davano un filmone su Rai 5.
 Ce lo scaricheremo, Pinto.
 Facesse meno freddo...
 Lo so. Tra una mezz'ora saremo a casa a farci un tè del cacciatore, eh?
 Sì.
Caricai la siringa con la robaccia. Non mancava nulla: laccio emostatico, cotone. Tutto in omaggio.
Feci un respiro.
 Buono, io vado.
 In culo alla balena, Geffo!
 Al coccodrillo, vorrai dire! Hahaha!
Mi tirai su dal sedile, avviandomi al macchine del cocco.
Fu il tragitto più lungo della mia vita. Peggio di farsi tutta la Romea a piedi. Sentivo i miei piedi affondare nel terreno come asfalto fresco. In realtà avevo mentito al cocco, in quanto non avevo assolutamente idea di quale fosse la sua auto, ma contavo sul fatto che fosse parcheggiata in bella vista e sorvegliata da un numero indefinito di guardie del corpo. E così fu. La luccicante macchinina, si fa per dire, del signor Drillo pareva quasi un'oasi nel deserto.
Mi presentai alla guardia. Un'altra. A differenza dell'ultima, questa aveva mantenuto un minimo di capelli sul capo.
Assunsi la faccia seria del business e chiesi:  È già dentro?
Non ci fu il tempo di sentire la risposta che l'uomo rettile abbassò il finestrino: – Sali.
E salii.
– Allora, bello. Di solito prendo roba solo da chi conosco. Ma è pur vero che per conoscere una persona bisogna sempre mollarsi un po'. Quindi facciamo che di te mi fido, per questa volta, sempre che tu ti fiderai di me in futuro.
– Vuoi il mio voto? Era già scontato sai...
– Non è il tuo voto che mi interessa. Voglio che le prossime, vediamo, dieci dosi, sempre che questa roba mi piacerà, me le darai a metà prezzo. Uh?
Che me ne fotteva. Eppure dovevo tener su la commedia.
– Uhm... Io farei un'altra cosa. Assaggia, e poi ne riparliamo, eh?
– Tu mi piaci: non sei come i soliti venditori. Ma c'è un che di familiare in te. Come se ti avessi già visto tanto tempo fa...
Cazzo. Se mi sgamava?
– Facciamo che...
Che?
– … per stasera va bene così. Questa campagna elettorale finirà a breve, e stasera voglio solo distrarmi un po'. Poi, se questa roba non andrà bene, sappi che ti sei messo contro il futuro Premier hahaha!
Risi anch'io.
– Ecco. Laccio e cotone in omaggio.
– Ora va' fuori dalle palle, eh? Ho da fare... –, mi disse con un sorrisino.
Gli sorrisi di conseguenza, e me ne uscii.
Sceso, la guardia del corpo mi imbruttì, per poi mettersi alla guida dopo due bussatine sul finestrino dai sedili dell'auto.
Sparirono sulla statale. Saranno andati in chissà quale buco a bucarsi.
Mollai un sospiro di sollievo, e andai a cercare Giò.
Quello se ne stava a ballare con tipe di ogni forma e colore. Totalmente ubriaco e carico di testosterone. Mi permisi di disturbarlo: – Il dado è tratto.
– Che?
– Il coccodrillo. Ha abboccato.
– Cosa?
– Che insomma ho fatto tutto!
– Ah!
Silenzio.
– Aaaaaah!
– Sì!
– Aaaaaaaaaaaaah!
– Sì, va bene, ma ora andiamo eh?
– Cazzo, ma è una festa da paura!
– Giò. Andiamo.
– Occhei, occhei.
Mollò la tipa con cui stava ballando a un altro a caso e mi seguì all'uscita.

La mattina dopo, i giornali:
DRILLO È SCOMPARSO
Si segue la pista del terrorismo.
VENEZIA. Il terrorismo stende un'altra volta la sua ombra minacciosa sulla vita politica del nostro Paese. Proprio ieri notte presso il Marittima Club di Jesolo, dove si stava svolgendo il meeting veneziano con i suoi giovani sostenitori, il leader del neonato Movimento di CoccoDrillo è scomparso nel nulla. Il fatto è avvenuto mentre il signor Cocco Drillo si trovava nella sua auto, poco lontano dal locale, forse a svolgere qualche attività strettamente riservata. Assieme a lui, la guardia del corpo che tutelava la sua sicurezza è rimasta vittima dell'agguato. Secondo gli inquirenti i terroristi avrebbero liberato dentro l'auto un feroce animale di grossa taglia. Non è esclusa l'idea di un coccodrillo, stando alle lacerazioni sul corpo della vittima riscontrate dal medico legale. Questa tesi avrebbe dell'incredibile, ma il fatto sarebbe confermato dalle tracce lasciate dall'animale una volta liberatosi dall'auto. Il presunto avvistamento di un coccodrillo nella Laguna veneta da parte di alcuni pescatori di Chioggia non farebbe che avvalorare ancor di più la tesi. Intanto le ricerche del signor Drillo sono già partite, nonostante sembri che gli inquirenti siano in attesa di una qualche rivendicazione politica. Si attendono nuovi aggiornamenti, nella speranza che questa triste storia del terrorismo sparisca un giorno dalle nostra troppo maltrattata Italia.
A quanto pare, il secondo giro di droga aveva fatto l'effetto contrario al lucertolone. Sì, lo so, non ci avrei creduto neanch'io se me l'avessero raccontato.